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lunedì 23 luglio 2018

Oops! Quando il logo diventa indecente



Ne sanno qualcosa i produttori, grandi e piccoli, che hanno fatto figuracce epocali scoprendo – troppo tardi– che all’estero il nome del loro prodotto (un’auto, una bibita, un telefonino, uno snack) richiamava i termini volgari usati per indicare il sesso, gli escrementi o gli insulti. Col risultato di diventare involontariamente comici, di perdere prestigio o, peggio, di offendere la sensibilità di un intero Paese.
In inglese questo tipo di errori si chiama “brand blunder” (sbaglio di marca), e la storia del marketingne ha archiviati a decine, commessi anche da multinazionali molto celebri.
Dopo aver parlato dei loghi volutamente volgari, registrati all’Ufficio marchi italiano, dei vini e dei cibicon un nome osè, in questo articolo ho radunato invece 39 “falsi amici”, cioè nomi commerciali che, in un’altra lingua, diventano parolacce.
Alcuni sono effettivamente sfociati in una gaffe internazionale, altri no (o non ancora). I primi 22 casi sono in italiano, e i successivi sono in inglese, spagnolo, francese, svedese, tedesco, cantonese…. Buon divertimento.

In italiano…

20 CASI
PIPICome si fa a bere una bibita con questo nome? Eppure esiste: è un’aranciata prodotta a Spalato, in Croazia. E’ stata la bevanda più diffusa negli anni ‘80 e ‘90 (anche nelle versioni limonata e acqua tonica), ma oggi il suo produttore, Dalmacijavino, risulta in guai finanziari. Chissà cosa sarebbe accaduto se avesse tentato di esportare la Pipi in Italia…
PLOPPChi è andato in Svezia le ha viste esposte nei supermarket: sono barre di cioccolato al latte con un ripieno di caramello. Ma accostare questo suono, che ricorda – anche in inglese – la defecazione, non è molto beneaugurante… Con l’aggravante che anche il produttore ha un nome respingente, almeno in italiano: Cloetta, che evoca la cloaca.
POM’PINFra le specialità gastronomiche del Belgio ci sono le patate. La ditta Lutosa ne confeziona vari tipi, fra cui le crocchette a forma di pigna: perciò le vende col nome di Pom’pin, contrazione di “pomme de terre” (patata) e “pomme de pin” (pigna). Dato che un marchio del genere sarebbe sconveniente in Italia (richiama il sesso orale), le hanno ribattezzate Pata’Pigna.
SEGAIl celebre produttore giapponese di giochi elettronici, Sega, è un acronimo formato dalle prime due lettere di Service Games. Ma questa sigla, in italiano, è il nome volgare della masturbazione. Gli appassionati di videogames lo sanno da tempo, e non gli fa più effetto. Ma il problema c’è: così, non potendo cambiare il proprio nome, negli spot pubblicitari “Sega” è pronunciata volutamente in inglese: “siiga”.
FROCHOSecondCup Coffee è il gemello canadese di Starbucks: una catena di 300 caffetterie fondata nel 1975. Di recente ha inventato (e registrato come marchio) un nuovo prodotto: Frocho, contrazione di frozen chocolate (cioccolato congelato). E’ una bevanda fresca per l’estate, ottenuta mescolando latte, ghiaccio, vaniglia e cacao. Se arrivasse in Italia avrebbe però il sapore dell’omofobia.
INKULATORNel 2013, SurfaceSoft aveva lanciato un’app per Windows 8, descritta come un “modo nuovo e figo di fare calcoli”. Mescolando le espressioni “digital ink” (inchiostro digitale) e “calculator” (calcolatrice), la società informatica aveva sfornato un nome elegante in inglese, ma esilarante in italiano: Inkulator. Dopo l’ilarità e le proteste degli italiani, l’app è stata ribattezzata Kanakku (dai Kanak, abitanti della Nuova Caledonia): ma in tedesco kanake significa immigrato (in senso spregiativo) e in giapponese kanaku significa “persona malvagia”. Insomma, nonostante le buone intenzioni, anche in questo caso SurfaceSoft ha… fatto male i conti.
CHIAPPLENegli Stati Uniti, la moda per i cibi organici ha prodotto un preparato a base di semi di chia (Salvia hispanica) e mela. Il suo nome commerciale? Chiapple (composto di chia e apple, mela). Se mai arrivasse sul mercato italiano, difficilmente potrebbe mantenere questo nome (peraltro divertente, per l’assonanza con le chiappe).

FESSENGER
Il nome sembra uscito da uno sketch di Crozza: sembra un mix fra fesso e kazzenger, l’imitazione di Roberto Giacobbo. Invece, è il nome di un’altra app per computer: serve come interfaccia per usare Facebook attraverso i Google glass: il nome, infatti, è l’effetto della fusione fra Facebook e messenger.

KHA GAI
La Knorr vende questa zuppa di noodle thailandese, la Tom Kha Gai (a base di pollo con latte di cocco, zenzero e lime) nei mercati del Nord Europa: soprattutto in Germania, Francia, Svizzera, Svezia. Se decidesse di esportarli in Italia, forse potrebbe avere successo… fra gli stitici, vista l’assonanza con “cagai“.
AZZO
Come poteva chiamarsi una raffinata linea di prodotti di bellezza femminili (shampoo, olii, maquillage) di una casa francese? Azzo. Per la precisione: Azzo professionnell (non so se mi spiego). Se decidessero di entrare sul mercato italiano, lo slogan sarebbe bell’e pronto: “Fatti bella. Azzo!”. Da far pronunciare a un toscano.
JETTA
La Volkswagen lanciò la Jetta, una berlina compatta a coda, nel 1979. Non aveva fatto i conti con l’infelice assonanza con la parola “jella” (sfiga) in italiano: un nome, un destino. La vettura, infatti, fu un flop: fu ritirata dal mercato italiano (che non ama quel genere di berline). E a scanso di assonanze negative il nome fu corretto in Vento e poi in Bora.
ZOKOLA
A Poperinge, in Belgio, un produttore di cioccolato ha scelto un nome spiritoso per i propri dolcetti: “Zokola”. Il termine ricalca la pronuncia infantile, in francese, della parola “chocolat”. Se mai volessero esportare le loro praline in Italia, andrebbero avvisati dell’assonanza con zoccola (puttana), una parola sicuramente non adatta ai bambini.
POPO
Il nome di questa confezione di carne trita sembra lo slogan di un vegano: si chiama infatti Popo, il nome infantile della cacca. In realtà è un prodotto finlandese mai sbarcato sul mercato italiano. L’infelice nome deriva dalla fusione delle iniziali di “porsas-porkkana”, ovvero maiale e carote.  Qualcosa di vegano c’è davvero…
BELIN
Come si chiama uno dei più grandi produttori francesi di crackers e patatine fritte? Belin, che in ligure è l’appellativo volgare del pene. Se questa ditta esportasse in Italia susciterebbe l’ilarità dei genovesi. D’altra parte, essendo usato anche come imprecazione, il termine si presterebbe a un facile slogan: “Belin, che snack!”. 
BELINO
Poteva mancare la variante del ligure belin? No, che non poteva. E infatti c’è: in Bulgaria producono una linea di croissant che si chiamano belino. Se si unisce la forma vagamente fallica della brioche, a una campagna ammiccante (ma inconsapevole) come quella raffigurata a lato, il risultato è davvero comico.

STRONZO
E’ stata chiamata così una birra artigianale prodotta in Danimarca fino al 2014: ne avevo parlato in un post sui nomi volgari degli alcolici (a cui si aggiunge la birra Minchia, di cui ho parlato qui). Non sappiamo se i titolari del marchio fossero consapevoli del significato della parola, scelta forse per il suo suono espressivo. Sarebbe stata la bevanda perfetta da abbinare alla… Popo di cui sopra.
COLLON
Ha un’infelice assonanza con colon, ma soprattutto con “coglione” (e il corrispettivo veneto “coion”) questo dolcetto giapponese: sono lunghi stick di wafer con un ripieno di crema. Se dovessero arrivare in Italia, il cambio di nome sarebbe inevitabile. Per non passare per collon.

BOOKEEN
In Francia hanno lanciato un lettore di libri digitali, chiamato Bookeen giocando col termine inglese “book”, libro. Peccato, però, che la pronuncia di questo nome (buchiin) ricordi pericolosamente il termine bucchin, termine napoletano per bocchino (sesso orale). Pensate di chiederlo alla commessa di un negozio: “Vorrei un Bookeen”…
CULINEALa catena di grande distribuzione Lidl, in Germania ha fatto una bella pensata. Lanciare una linea di piatti pronti (pasta, spuntini, involtini…) chiamandoli con un nome italianeggiante: linea culinaria, ovvero… Culinea. Peccato che l’acronimo diventi ridicolo in italiano. Magari potrebbe andar bene a chi vuol tenere in forma il deretano.
KAGAN
Quando dovevano scegliere il nome per la loro produzione vinicola, una coppia di texani, Emily e Mark Ellenberger, hanno voluto ricordare la loro piccola barca a vela, che si chiamava Kagan. Non immaginavano che un vino con quel nome sarebbe stato tutt’altro che raffinato. E per vini che costano dai 35 agli 80 dollari a bottiglia non è proprio un abbinamento ideale…
MELDA
Arriva dalla Turchia
 una linea di pasta dal nome tutt’altro che invitante: Melda. Li produce una società alimentare di Istanbul, la GTT Foods, che li confeziona anche sotto altri brand (Golda, Afra, Al Fakher, Dona Mia, Bello Grano e Perfetto): nella remota ipotesi che riuscisse a esportarla anche in Italia, il marchio Melda sarebbe decisamente sconsigliabile. Soprattutto per i gestori di un ristorante cinese: “Vuole psalvini, Banche, bufale, come non pagare, debiti, diritti umani, Equitalia, fake news, legge, veritas, perdita di peso, signoraggio, tasse, terra piatta, clandestini, usura, vaccini, reddito di cittadinanzaasta? Qui abbiamo spaghetti Melda!”.

KAGATA
Affidereste la costruzione di un palazzo o di un ponte a una società chiamata Kagata corporation? E’ proprio questo il nome imbarazzante di una blasonata società di ingegneria civile giapponese, con più di un secolo di storia. Il nome svetta, in caratteri occidentali, sul tetto del loro quartier generale a Niigata. Molto fotografato dai turisti italiani e spagnoli.

Link: https://www.parolacce.org/2017/09/04/export-marchi-volgari/

Alessandro

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