La Sardegna che non ci sta. Centinaia di schede elettorali rispedite al mittente. Non solo dei pastori e degli agricoltori ma anche delle famiglie, di alcuni commercianti e medici, molte di semplici cittadini. "Non è voglia di protesta e resa incondizionata, è voglia di futuro diverso"
Le schede consegnate “sono piene” di timbri ed evidenziano che nessuno è mai venuto meno al suo diritto di esprimere il voto. Anzi! Il gesto è simbolico, forte. Ma dovrebbe far riflettere.
Lo ribadisco: può benissimo non essere condiviso e a me personalmente, per il valore altissimo che do al diritto di voto mette un malumore grande. Ma non lo vivo come una resa o come qualcosa che ostacola la democrazia. Lo vivo come un campanello, forte, che dovrebbe allarmare tutti. Ognuno di loro, mi auguro, da qui al 4 marzo, ci ripensi.
Ma non perché ha ottenuto una qualsivoglia promessa. Dal mondo delle campagne il messaggio forte che parte è non solo una serie di richieste precise che hanno a che vedere con ritardi e burocrazia che stanno mettendo in ginocchio decine e decine di imprese ma un insieme di riflessioni sulle filiere, sulle reti, sulla sopravvivenza dei paesi.
Se si capisce, che centinaia di persone che si mettono insieme in modo spontaneo a parlare, a discutere, a voler salvare il proprio futuro in tempi in cui “guardarsi negli occhi” è quasi un’utopia forse si capirebbe pure la portata di ciò che sta succedendo nelle nostre comunità. Non è voglia di protesta e resa incondizionata, è voglia di futuro diverso”.
Alessandro
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